Storia del franchising
L‘inizio della storia del franchising ha avuto, però, va ricercato molto più indietro nel tempo e in luoghi molto distanti dagli Stati Uniti. Siamo nel Medioevo, in Europa. Dopo la Peste Nera che devastò l’Europa nel XIV secolo alcuni Governi locali garantirono ai funzionari di alto livello una “licenza” che attribuiva loro il potere di mantenere l’ordine e raccogliere i proventi delle tasse. Costoro erano i primi franchisee e, in quanto tali, pagavano una royalty ai Governi locali in cambio di questa licenza.
A quest’ultima si aggiungeva come tratto peculiare una sorta di protezione da parte del Governante, che si traduceva in una forma di monopolio sulle iniziative commerciali legate all’area geografica di riferimento. Nel tempo, queste regolamentazioni entrarono a far parte del diritto comune europeo. Successivamente, apparve la figura dei cosiddetti “Re franchisee“. Questo termine derivava da un’antica parola francese che significa “libertà”; nello specifico, la “franchise” altro non era se non il diritto garantito da un Signore locale ai suoi cittadini di compiere un’attività, come ad esempio gestire un mercato, in cambio di una parte delle rendite che ne sarebbero derivate. In tal modo il cittadino poteva svolgere un’attività economica, godendo della protezione del Signore. Nel periodo coloniale, inoltre, i monarchi europei garantirono dei “privilegi” a dei comuni cittadini a condizione che questi si accollassero il compito di stabilire nuove colonie. Una volta che la colonia era stata istituita, il fondatore riceveva la protezione della “corona” in cambio del pagamento di tasse e royalties (ponendo così le basi del “territorio protetto”) . Nel XVIII secolo i produttori di birra inglesi si trovarono ad affrontare il problema delle condizioni per ottenere il rilascio della licenza necessaria a commercializzare questo prodotto. Il permesso di vendere la birra al pubblico era infatti sottoposto a regole stringenti e risultava economicamente molto oneroso. La soluzione escogitata dai produttori fu dunque quella di offrire un supporto economico alle birrerie, le quali in cambio avrebbero commercializzato esclusivamente le birre da loro stessi fornite. In questo modo, i proprietari/gestori delle taverne erano obbligati a commercializzare soltanto i beni con il “marchio” del produttore. Altra tappa fondamentale, e che più si avvicina al franchising modernamente inteso, è rappresentata dall’esperienza di Isaac Singer. Egli aveva ideato e sviluppato un’innovativa macchina da cucire ma non riusciva a raccogliere fondi sufficienti a costruirla e distribuirla, senza aver prima venduto un numero consistente di pezzi. La cosa risultava ancora più difficile se si considera che una Singer costava circa 125 $. Uno dei suoi partner risolse la situazione ideando il primo sistema di “pagamento rateale”, permettendo ai clienti di acquistare la macchina versando 1,5 $ al giorno e di utilizzarla immediatamente. Con questo sistema Singer fu in grado di vendere molte più macchine, ma si trovò costretto a cercare un modo per poterle distribuire in modo efficiente; la problematica venne ovviata offrendo delle licenze per vendere il suo prodotto in territori specifici. I licenziatari furono anche “formati” in modo da poter spiegare ai clienti come utilizzare questa nuova macchina e i termini del rapporto (tra franchisor e franchisee – anche se questi termini non erano ancora stati adoperati) furono regolati da un contratto. Il franchising come oggi lo conosciamo, tuttavia, si può considerare nato intorno al 1929, sulle due coste dell’Oceano Atlantico: in Francia presso il lanificio di Roubaix e negli Stati Uniti con General Motors. Questa doppia origine del franchising ha una grande importanza nella storia del sistema, perché individua due parallele vie di sviluppo. In Francia, si assiste alla nascita di un’importante catena di distribuzione di lana sotto il marchio “Laines du Pingouin”, con l’obiettivo di assicurare una rapida commercializzazione di filati. La rete dei punti vendita contava alla fine del 1939 circa 350 affiliati. Contemporaneamente, negli Stati Uniti la General Motors, volendo regolamentare la posizione dei rivenditori delle proprie auto, propose i primi contratti di franchising, dando così origine ad una vera e propria strategia commerciale. Il franchising trovò immediatamente un’ampia diffusione anche nell’ambito della ristorazione ed è proprio in questo settore che, negli anni Cinquanta si manifesta il grande boom con la proliferazione costante delle catene di fast-food. In Italia il franchising arriva solo nel 1970, grazie alla Gamma d.i. e ai suoi 55 punti vendita, ma conosce immediatamente un ampio sviluppo soprattutto a ridosso del nuovo millennio, attraverso l’entrata in scena della cosiddetta “new economy”. Le attività legate al franchising sono incrementate in modo esponenziale, legandosi in particolare all’e-commerce, al settore delle comunicazioni e, ovviamente, dell’informatica. Senza alcun dubbio, il franchising riduce in favore dell’affiliato il normale rischio di impresa e limita fortemente l’ammontare degli investimenti necessari ad avviare l’attività. Contemporaneamente, permettendo all’affiliato di avvalersi della solidità di un marchio già affermato e di strategie commerciali collaudate, offre grandi possibilità di successo e realizzazione professionale e personale. Proprio per queste caratteristiche, anche in un momento di grave crisi economica come quella che stiamo vivendo, il franchising può costituire una validissima alternativa, tanto è vero che si registra un sempre maggiore interesse da parte di tanti neo-imprenditori verso questo settore.